Aula O105, Maiengasse 51, Universität Basel
Organizzatore:
Letteratura italiana
Io pure sono ebrea: l’identità ebraica e gli alibi narrativi di Elsa Morante nella "Storia"
La conferenza verterà sulla costruzione identitaria del personaggio di Ida e sulla politica di posizionamento autoriale nei suoi confronti come metodo di esplorazione di una spiritualità sentita e vagamente compresa soltanto a distanza di anni dalle persecuzioni ebraiche della Seconda guerra mondiale. Il trauma di un’identità generatrice di morte e non di vita diventa uno dei temi più assiduamente trattati nel romanzo del 1974. Erano anni in cui in Italia non esistevano studi sulla Shoah, mentre iniziavano ad affacciarsi nella storiografia anglo-americana. Morante, come Ginzburg, provava un’inconsapevole ma assai presente necessità di esaminare tratti della propria spiritualità repressa e ora impellente nei quesiti (si vedano le sue letture dei testi di Mircea Eliade).
In tempi recenti, sia a Elsa Morante che a Natalia Ginzburg viene disinvoltamente avvicinata un’identità ebraica che per motivi diversi non è mai stata interamente vissuta, ma sentita sottotraccia durante la loro esistenza. Mentre Ginzburg, in seguito all’attentato di Monaco, ne scrive estesamente nel saggio Gli ebrei, Morante si interroga sulla propria identità in un modo a lei più consono, e cioè mediante i suoi alibi, i suoi alter ego. Nella sua tacita interrogazione rispetto alla propria identità celata nella Storia, non le viene tanto in soccorso il personaggio di Davide, con il suo intellettualismo di secondo grado mutuato dagli scritti di Simone Weil, per costruire il suo alibi – vale a dire il personaggio con il quale lei maggiormente riesce ad esprimere la visione del mondo – quanto quello molto più aderente alla realtà da lei sentita e con la quale non a caso ricorda incontri casuali nel quartiere di Testaccio: è questo il personaggio di Ida Ramundo Mancuso.
L’inconsapevolezza di Morante rispetto al proprio ebraismo risale a una delle tante menzogne familiari che hanno accompagnato l’autrice, si può ben dire, ancor prima della nascita. Essa risulta in parte giustificata dal modo in cui tutti i fratelli Morante erano stati allevati da Irma Poggibonsi, vale a dire preparati dalla madre a vivere una vita di ipocrisie – a partire dall’identità del loro vero padre e dal battesimo imposto come speranza di cancellare la loro condizione di figli per metà ebrei (Mischlingen). Ma prima o poi bisogna fare i conti con un’identità spirituale celata.
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